Biometano, incentivi alla filiera corta

2 marzo 2018, una data importante per la produzione e l’utilizzo di biometano in Italia. In questa giornata infatti, il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, il Ministro dell’Ambiente Gian Carlo Galletti e il Sottosegretario di Stato alle politiche agricole, alimentari e forestali, Giuseppe Castiglioni hanno firmato il decreto interministeriale per la promozione dell’utilizzo del biometano nel settore dei trasporti.

Il primo risultato di questo colpo di coda del governo uscente dovrebbe vedersi già entro l’inizio del prossimo decennio. Infatti, per il 2020, una quota del 10% del settore dei trasporti sarà riservata alle energie rinnovabili. Inoltre, gli investimenti saranno declinati anche nella forma di incentivi per la bio-energia a filiera corta. In altre parole, biometano prodotto sul territorio nazionale. I primi a beneficiare del decreto saranno i costruttori che hanno scommesso sul gas naturale liquefatto (GNL). In prima linea spiccano i nomi di Iveco (in pole position), Scania e Volvo. Ma c’è margine anche per aziende agricole e altri potenziali produttori di biometano, come le discariche.

SCANIA E IL BIOGAS NON RAFFINATO

Il retroscena

Ovviamente, il biogas e le altre fonti di energia alternative non sono una questione unicamente italiana. Infatti, le linee guida sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili si trovano nella direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009.

A seguire un passaggio significativo. “il considerato 12, con il quale si afferma che l’utilizzo di materiale agricolo come concimi, deiezioni liquide nonché altri rifiuti animali e organici per la produzione di biogas offre, grazie all’elevato potenziale di riduzione nelle emissioni di gas a effetto serra, notevoli vantaggi ambientali sia nella produzione di calore e di elettricità, sia nell’utilizzo come biocarburanti, e che, a motivo del carattere decentralizzato e della struttura d’investimento regionale, gli impianti di biogas, dai quali si produce biometano, possono contribuire in misura notevole allo sviluppo sostenibile delle zone rurali, offrendo agli agricoltori nuove possibilità di reddito”. Obiettivo comune è dunque quello di sfruttare una risorsa già esistente, una sorta di materia grezza dal potenziale parzialmente inespresso.

biometano

Il biometano nel decreto interministeriale

Il punto a dell’Articolo 1 del decreto inquadra, sulla falsa riga di quanto indicato dalle istituzioni europee, la natura della risorsa biogas. Questo “comprende il biogas derivante da digestione anaerobica, il gas prodotto per via termochimica (quali i processi di gassificazione di biomasse), il gas di discarica e i gas residuati dai processi di depurazione“. Al punto b, invece, si definisce che cosa sia il biometano avanzato. Si tratta di “biometano ottenuto a partire dalle materie elencate nella parte A dell’allegato 3 del decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 10 ottobre 2014 e successive modifiche”.

Alla fine dell’articolo 3, comma 4, si trova un’importante integrazione. “Con decreto del direttore generale della DGSAIE, sentito il Comitato biocarburanti, da emanare entro l’anno antecedente a quello di riferimento e con cadenza biennale, può essere modificata la percentuale di ripartizione dell’obbligo avanzato tra biometano avanzato e altri biocarburanti avanzati diversi dal biometano, per tener conto della effettiva disponibilità ed economicità dei diversi tipi di biocarburanti avanzati. Tali percentuali sono fissate in prima applicazione pari al 75 % per il biometano avanzato. 25% per qualsiasi altro biocarburante avanzato diverso dal biometano.”

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